Dove fondiamo il nostro movimento, distruggiamo il futuro, ri-scopriamo il fuoco e ci dichiariamo aerei in picchiata.
Noi vi URLIAMO, con tutto il fiato in gola, che l’Ultrafuturismo è il futurismo che supera sé stesso.
Così come agli albori del movimento futurista si è voluto uccidere il chiaro di luna e tutte le idee romantiche dell’uomo, oggi è tempo di seppellire i futuristi stessi. Riservargli un funerale da eroi è il minimo che gli spetta, magari sparare qualche colpo per aria, ma poi basta. Urge una spinta creatrice viva, non fossilizzata.
Una volta seppelliti quelli potremo permetterci di lanciare le nostre automobili ad occhi chiusi verso il precipizio.
Noi andiamo a ripescare indietro per evitare a voi di doverlo fare.
Questo può apparire a quelli che hanno da sempre disprezzato le posizioni del Manifesto del 1909 (e di tutti quelli successivi) come una chiara contraddizione di quanto Marinetti stesso aveva declamato dicendo “Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie”.
Ragione non vi si può che dare, quelle idee vecchie di cent’anni, ormai scolpite nella roccia, ormai entrate di diritto nei musei e nelle aule di scuola, sono idee che oggi puzzano di vecchiume perché immobili, STORICIZZATE, private della loro naturale vitalità cinetica.
Noi non vogliamo riportare in vita i morti, vogliamo invece rubare a loro il palcoscenico per proporre la nostra idea giacché sentiamo il desiderio impellente di una pars destruens aggiornata.
Il nostro altro non è che un punto di partenza per poter fracassare la realtà ed eventualmente anche il nostro movimento.
Dateci pure dei cacciatori di reliquie? Che ce ne può importare?!
Il nostro unico compito è di non concedere l’ultima parola alla folta schiera di mestieranti dai capelli bianchi che hanno arbitrariamente imposto una fine all’avanguardia. L’avanguardia per definizione non può morire. Essa è un orizzonte che si muove continuamente: noi dobbiamo solamente corrergli incontro senza mai raggiungerlo.
Anche noi vogliamo distruggere i luoghi di culto del sapere, perché il sapere come ci è tramandato oggi è noioso, incancrenito, imposto dall’alto, PASSATISTA.
Quei luoghi non sono vivi, per rendersene conto basta entrare in contatto con chi ci lavora: schiere di vetusti archivisti appassionati di nulla, perlopiù solo innamorati del loro posto fisso e poco altro. Ci parlano di metodo di conservazione e di catalogazione… che tedio estenuante! L’esperienza umana non è né un barattolo di fagioli né una serie di date.
Noi vogliamo che i luoghi di sapere si trasformino in industrie di idee folli, che appaiano irriconoscibili all’uomo della strada; vogliamo intere generazioni FORGIATE come guerrieri della poesia; vogliamo la conoscenza e l’arte visiva-tattile e viva-popolare. Noi vogliamo che l’Ultrafuturista reciti la propria commedia su di un missile spaziale leggero come una piuma alla conquista del sole. Noi vogliamo che l’Ultrafuturista esponga in piazza ritagli dei libri altrui per crearne significati inediti e per regalare questi a tutti. Cos’altro ci si aspetta dall’arte? Volete davvero ancora i poemi dei cantori di piogge nei pineti? Che umidità!
Tutti devono essere travolti dalla bellezza del mondo SEMPRE IN MOVIMENTO.
Noi vogliamo che l’inaspettata creazione dell’arte s’imponga ad attualizzare tutto, a trasformare e non meramente celebrare quello già fatto dagli altri. Se i padri e i maestri vogliono essere costretti sugli scaffali polverosi sotto atmosfera controllata che sia fatta la loro volontà, noi ce ne chiamiamo FUORI.
Noi ci auguriamo, lo prevediamo, che qualche giovane prenda e faccia a pezzetti questo manifesto, che lo modifichi a suo piacimento, che ci disegni sopra scarabocchi OSCENI. Noi non abbiamo nulla da perderci ma solo da guadagnarci dalla loro spontanea spinta innovatrice. Nessuna cattedra ci spetta, nessun alto merito ricerchiamo.
Se ci vedrete mai tenere una lezione universitaria che non finisca in un atto piromane potrete coprirci di insulti. Fino ad allora noi ci concediamo il diritto di poter fare altrettanto.
Noi vi confermiamo che il retaggio di ieri nell’oggi non ci permette di costruire il domani, agitato e improvviso come lo vogliamo. È colpa del culto per l’antico e del processo di confronto continuo tra quello che è successo con l’infinito che ha ancora da venire. Quante volte volete ancora visitare le rovine d’epoca tardo romana prima di rendervi conto che sono essenzialmente colonne come tutte le altre? Prima verrà il tempo della demolizione prima potremo edificare nuove strutture che i nostri nipoti ODIERANNO.
Noi guarderemo avanti finché non ci esploderanno le pupille.
Noi saremo cantori della VELOCITÀ imprudente e incontrollabile, che, come un tuono, spazza via gli attori dalla scena. Noi ci riterremo soddisfatti solo quando il mondo sarà giunto in un perpetuo stato di sussulto.
Molti pensano che basti un treno o un aereo per soddisfare il nostro appetito per l’eterno dinamismo, a ciò noi rispondiamo che non ci riterremo soddisfatti fino a quando il treno o l’aereo non ci entrerà in casa a rubarci dal tepore quotidiano e costringerci all’alacrità. Non ci accontenteremo mai di guardare l’azione: noi vogliamo viverla.
Nulla nel nostro futuro deve essere costante.
Noi vogliamo vivere nell’IMMEDIATO del QUI E ORA, nel tempo dove tutto accade e non è già accaduto, perché qualche secondo fa è già sintomo di staticità. Un secondo fa è già troppo indietro, è già crogiolamento dei sensi.
Ora, la guerra: ecco un altro concetto da ridicolizzare per consunzione. Troppo chiara. Troppo pulita. Troppo umana. L’Ultrafuturista non combatte né costruisce la pace. L’Ultrafuturista COLLASSA. Oscilla. Si sdoppia.
La guerra come "unico atto virile" ci fa ridere. Ma anche la pace come "armonia civile". Ridiamo anche lì. Le città non si assediano più: si ingolfano, si sabotano con il silenzio nei corridoi, con micro-esplosioni di significato nelle cassette postali.
Noi non dichiareremo mai guerra, né pace. Dichiareremo semmai una superposizione di tutte le battaglie possibili, sovrapposte a partite di burraco che finiscono in RISSA.
E quando tutto sarà finalmente pronto — quando le trincee saranno diventate piste da bowling e i generali venditori ambulanti di sogni tossici — noi ci esploderemo. Ci faremo saltare in aria con tutte le nostre contraddizioni, e col nostro corpo disintegreremo l’orologio atomico, la buona educazione e il sistema nervoso globale.
E nell’apocalisse Ultrafuturista evaporerà pure il diritto d’autore, in un denso fumo nero oloroso di budella. Sì, noi siamo per il FURTO di idee senza scrupoli. Perché chi è coraggioso e tenace alimenta la propulsione di chi non ha i mezzi materiali per iniziare da zero.
Noi siamo per il nazionalismo che supera il concetto delle nazioni, per la supremazia di tutte le culture vive. Chi ha ancora la pazienza di ascoltare gli inni e le marce, morirà tra reminiscenze del nulla, ciò che varrà il proprio caro paese nello scenario globale.
Basta con le frontiere e i passaporti: l’Ultrafuturista deve poter far colazione a Losanna e volare altissimo tra i cieli di Bangkok per mezzogiorno e mezzo. Che squallore imparare a memoria la geografia da cartine politiche quando si può assaltare il silenzioso paesaggio notturno nel lontano Nepal in sella ad una motocicletta. Che squallore strillare di avi comuni, fateci invece interagire con i pensieri strambi e le genti che vengono da lontano. Sia mai che potremo imparare qualcosa che non sapevamo già!
Allora noi dobbiamo RADERE AL SUOLO anche tutti i luoghi dell'internazionalismo meramente economico. E spargerci il sale sopra!
L’Italia è una filiale di banca travestita da mercato di rigattieri o al limite un supermercato su larghissima scala. Quanto può essere felice un portafogli che cammina?
Noi vogliamo quindi centomila modelli economici diversi tutti contrastanti ma NUOVI. Al diavolo gli economisti e le scuole di pensiero più vecchie di Matusalemme. Dateci alternative o ce le prenderemo! Se queste falliranno mal che vada moriremo di fame.
Noi vogliamo la polemica sterile, specie di cattivo gusto. Noi vogliamo il confronto spietato creativo.
Noi vogliamo l’affermazione delle donne al pari degli uomini e il sistematico ANNIENTAMENTO di ogni galanteria putrida. Basta nudi aggraziati; già visto, già fatto. Noi vogliamo e bramiamo la donna che fa paura, esattamente come desideriamo sia l’uomo altrettanto pauroso: imbracciando una scimitarra, piene di impianti bionici, dentro a un carro armato, sabotatrici dei fornelli domestici.
Al matrimonio noi ribattiamo con l’Ultrarapporto, basato sul tradimento sistematico del tu di 5 secondi fa con la versione futura di te. Un Ultrafuturista non deve mai sentirsi contento o amato in coppia, deve sempre avventurarsi nella sorpresa IMPREVEDIBILE dell’altro decidendo d’un tratto di non esprimersi più se non a gesti delle mani, piroettare ogni mattina fuori dal letto per un mese intero, capovolgere il divano del soggiorno.
Noi vogliamo sorpassare il Web -cimitero di infiniti caratteri tipografici e video- ingegnandoci per costruire un nuovo sistema analogo ma senza traccia, che non riempia il mondo con residui digitali di conversazioni depressive e fetenti registrazioni di lezioni universitarie. I libri virtuali sono pur sempre libri e noi li DISPREZZIAMO in egual modo. Essi sono solo meno divertenti da cestinare.
Noi vogliamo una classe politica che smetta di ripeterci sempre di bilanci e ci inondi invece di novità tecnologiche sbalorditive, che da troppo non si vedono. Noi vogliamo il termine brevissimo di mandato, un mese, e poi cambio, come se la politica fosse un match sportivo. Noi vogliamo l’elezione per sorteggio come al Lotto e desideriamo di cuore la crisi di governo perenne. Noi vogliamo un Presidente della Repubblica minorenne che a fine anno ci parli coi rutti.
Di più: noi vogliamo la completa abolizione del denaro e dei cognomi.
Quando tutto questo sarà ottenuto -e l'otterremo-, che ne dite di coprire il papa sotto un ammasso di gomme da masticare già masticate? Non ci ha già rotto abbastanza? Cosa ne dite di abolire tutte le pene e invalidare tutte le condanne? Che ne dite di legalizzare tutte le droghe?
Noi siamo già nell’IMPOSSIBILE INARRIVABILE FUTURO, fatto di led, sottomarini nucleari e assordanti notti di baldoria! Noi pretendiamo tutto! Noi pretendiamo l'accelerazione totale che ripulisce il pianeta!
Queste nostre rivendicazioni ve le strilleremo ancora, ve le danzeremo, ve le mostreremo cinematograficamente, ve le fabbricheremo, ve le stamperemo imperativamente in testa…
E per tutto il resto sottoscriviamo il precedente Manifesto.
Noi vogliamo le nuove PAROLE IN LIBERTÀ e vogliamo portarle all’Ultra, al fine di seppellire il giornalismo, i libri in prosa e tutta la melensa-maleodorante narrativa rosa. Tutto nel nostro futuro deve diventare libero dai vincoli della punteggiatura e comunicare per verbi all’infinito.
Noi vogliamo la meccanizzazione completa dell’uomo già teorizzata da Depero, ma spinta all’inverosimile, per elevare l’umanità da semplici ingranaggi del sistema a ROMBANTI indistruttibili mostri sputabenzina e assetati di gloria.
Noi vogliamo dei palazzi interamente in vetro -tutti in vetro! pavimenti, muri, soffitti…- a sostituire le vetuste cattedrali colme di salmi sprecatempo. Noi li vogliamo alti fino a Giove per far vergognare pure Antonio Sant’Elia. Frantumiamo il marmo gotico che titilla i religiosi! Rendiamo abitabili le industrie!
Noi vogliamo superare la pittura futurista e dipingere un nuovo modello di moto universale: quello irrealistico, utopico, irrealizzabile!
Noi azzereremo il fotodinamismo, l'aeropittura, la cucina futurista e la scultura futurista, la moda futurista… e li ripenseremo a modo nostro, per il secolo corrente.
IN SINTESI:
1- Noi vogliamo impadronirci del nostro futuro e trasformare completamente la società al fine di permetterci la nostra impavida corsa verso l’orizzonte.
2- Noi vogliamo rendere eroi della nostra arte gli avventurieri che si buttano all’arrembaggio con forza e senza paura. Noi vogliamo lodare le imprese di chi agisce d’impulso per fecondare il mondo della gioia energetica della fantasia. Noi pretendiamo la pedagogia del coraggio.
3- Noi vogliamo vivere nel qui e ora, nell’effimero lestissimo presente.
4- Noi vogliamo esaltare la velocità che nasce e si esaurisce nel tempo dell’immediatezza. Noi vogliamo rendere magnifico tutto quello che è impossibilmente rapido.
5- Noi vogliamo rendere la vita pericolosa e risanatrice quanto la guerra, per combattere allo strenuo delle forze ogni giorno della nostra vita. Noi vogliamo dichiarare guerra civile al quieto vivere.
6- Noi vogliamo distruggere i luoghi del sapere e della cultura, dando alle fiamme tutti i volumi del passato, le lacrimose poesie passatiste e i dischi di sdolcinate ballate d’amor.
7- Noi vogliamo abolire il diritto d’autore e così permettere a tutti di rubare senza freni.
8- Noi vogliamo distruggere il web -cimitero di pagine superflue- e inventarne un'alternativa nuovissima che non lasci tracce virtuali.
9- Noi vogliamo il brevissimo termine di mandato e la politica come una competizione sportiva, dove il ricambio sia continuo. Noi vogliamo l’elezione come al Lotto, per sorteggio.
10- Noi vogliamo incitare le donne al protagonismo nell’arte affinché esse demoliscano tutti i valori di ieri che le vedono come bamboline adatte unicamente a soddisfare i desideri maschili.
11- Noi vogliamo la supremazia di tutte le culture vive e battagliere che si mescolano fino a diventare globali, per non escludere nessuno al mondo dalla mania rigeneratrice della nostra rivoluzione.
12- Noi vogliamo incitare le nuove folle disperate che nel cuore della notte si incontrano -vestite dei nuovi sgargianti abiti Ultrafuturisti, sazie del cibo preparato secondo le nostre ricette audaci, frastornate dai suoni della nostra musica avanguardistica- per poi disperderle all’ordine di <<affondate la crociera banale del buon gusto>>.
Non chiedeteci rettifiche, non vi ascolteremo.
Non chiedeteci di fermarci, è già troppo tardi, siamo già ebbri di esaltazione.
Quando avremo finito gli avversari su cui scagliarci con ardore ne inventeremo dei nuovi, per il solo piacere di combattere ancora.
Quando avremo finito anche quelli combatteremo tra noi.